La perdita e… l’arte (con cadeau!)

Oggi, d’accordo col mio Editor-In-Chief, vi svelo i candidati a finire sulla copertina del mio ultimo libro. Cioè, per dirla alla Thomas B., i soccombenti rispetto alla affascinante foto marittima che, dai primi vagiti, ha fatto de La perdita e il perdono il libro di poesia più amato da vacancieros, perditempo come il suo scrivente, nonché ovviamente romanisti (/ tifosi di Lecce, Catanzaro, Poggibonsi / contradaioli della Chiocciola e chi più ne ha più ne metta) per il giallo-rosso di bandiere che campeggia in copertina.
Le alternative erano due bellissimi “olio su tela” che descriverò brevemente qui di séguito.
La prima parte dell’articolo è più lunga e biforcata tra pittura e grande musica: spero di incuriosirvi così.
La seconda, invece, è più breve, però reca con sé anche una curiosità per la quale, se leggerete il mio libro così bene da azzeccare una sorta di arboriano “che cosa stavo pensando quiz”, mostrandomi così particolare empatia, potrete essere ricompensati con un altro libro.
Quindi mettetevi a vostro agio e seguitemi: può valerne la pena. Da parte mia, cercherò di farvela più breve che posso.

img: wikiart/PD

Medaglia d’argento: Richard GERSTL (1883-1908), Frammento di autoritratto sorridente, circa 1904.

Come ben sa chi lo conosce, Antonio Lillo cura molto la copertina di ogni suo libro e inizialmente è stato, evidentemente, incuriosito dal fatto che una mia poesia del libro fosse ispirata dall’Autoritratto su sfondo blu di Richard Gerstl, capolavoro oggi conservato al Leopold di Vienna. Da lì il pensiero editoriale è volato allo studio della vita del geniale e tormentato Autore, e infine è approdato su un altro ritratto, l’Autoritratto sorridente del 1904, di cui qui sopra vedete il dettaglio del viso. Occorre dire che Gerstl, nonostante la tragicità della sua breve esistenza, amava rappresentarsi in una continua alternanza di serietà e riso. Il ritratto “blu” ha un’espressione composita che a mio avviso accenna o meno a un sorriso a seconda della distanza da cui lo contempli; ma ci sono due ritratti in cui invece il sor/riso del giovane artista è scopertissimo. Il più famoso è conservato alla Österreichische Galerie del Belvedere, sempre a Vienna. Ma quello che ha incuriosito l’Editore è un ritratto – oggi custodito nella Collezione Kamm del Kunsthaus di Zug, in Svizzera – che ha una storia drammatica almeno quanto la biografia Gerstliana. Dipinto nel 1904 a tutta figura (ne vedete una ricostruzione qui), fu successivamente ripudiato dal suo artefice in maniera forte. Gerstl non solo ne imbrattò il volto, ma sezionò la tela in più parti, due delle quali furono riutilizzate! Gerstl talvolta dipingeva direttamente sopra le prove che riteneva insoddisfacenti; fortunatamente non fu questo il caso, però il retro delle sezioni più grandi del dipinto andò a costituire la tela, un quadriennio dopo, per altri due capolavori: la parte col volto fu usata per il ritratto del compositore Alexander von Zemlinsky (finissimo artefice, oggi in repertorio c’è soprattutto la sua Lyrische Symphonie) e una delle due più piccole per Mathilde in giardino, ove Mathilde è la sorella di Zemlinsky, moglie di Arnold Schönberg e… amante di Gerstl! Il tutto avvenne nel luglio 1908 presso la casa di campagna degli Schönberg a Gmunden, sul lago Traunsee; buen retiro estivo dove Arnold amava invitare amici e artisti (Gerstl vi soggiornò e dipinse anche l’anno prima) e dove, oltre ai due summenzionati ritratti, presero forma quell’estate altre cose epocali quali, su tutte, la composizione del Secondo quartetto per archi [con soprano], op. 10 (il cui quarto movimento – praticamente un Lied sulla poesia Rapimento di Stefan George – è storicamente il primo pezzo di ampio respiro dove S. avvia la sua rivoluzione impiegando la scrittura atonale – o, come amava dire, “sospendendo la tonalità”). Quel che successe poi a livello di “alta portineria” (si direbbe con un sito di gossip, se solo il tutto non si fosse concluso così amaramente) fu vorticoso: scoppio della passione tra Richard (di sei anni più giovane) e Mathilde; scoperta “in flagranza” dei due da parte di Arnold; fuga di Mathilde con Richard; successivo ritorno al tetto coniugale di lei; probabile continuazione sottotraccia della relazione; ostracismo di Gerstl da parte di molta scena culturale e accademica, legata al padre della dodecafonia; infine, ahimè, suicidio di Richard Gerstl il 4 novembre 1908, ad appena venticinque anni.
In questo turbinio di arte e di dramma finì malissimo l’artista, ma finì male anche il “nostro” povero autoritratto del 1904; il quale, oltre a essere stato fatto a pezzi, soffre oggi della pesante intelaiatura della cornice tributata a Zemlinsky, che gli copre – peraltro non senza un suo fascino e suggestione ermeneutica – metà del volto, come potete vedere sul sito della collezione che lo ospita.
In ogni caso, con cornice o senza, io e l’Editore abbiamo avuto un sobbalzo e la comune sensazione che quel defacing, quella sorta di tinta /pece /terra spalmata sul volto, rappresentasse come poco altro la sensazione di una poesia che “si sporca” e, in combinazione con un riso palpabilmente isterico e il tragico esistenziale sottostante, desse un’immagine visivamente perfetta delle Kämpfende Formen (per dirla col titolo di un famoso quadro di un altro sfortunatissimo, Franz Marc, quadro che ho utilizzato per una plaquette), le “forme (emotive) in lotta” che scuotono la vita di chi si avvicina all’essenza della stessa mediante l’arte.
I tempi serrati non ci hanno permesso di far altro che contemplare questa sventurata meraviglia. Forse non ero neppure degno di una immagine così, di sicuro mi ci ravviso in pieno. Peraltro, in concreto, non era il caso di “incrociare” due Gerstl nello stesso libro, potendo ingenerare confusione in chi legge.

Per approfondire in ogni aspetto la straordinaria figura di Gerstl:
www.richardgerstl.com

*

Medaglia di bronzo: Hermann Max PECHSTEIN (1881-1955), La giovane domatrice di leoni, circa 1920.

Max Pechstein nel 1920 fotografato da Minya Diéz-Dührkoop (1873-1929). de.wikipedia PD/CC0

Nel reperire una alternativa, prima di optare per la scena marittima che in effetti va ad abbracciare e sintetizzare gran parte della mia poetica anche oltre il libro, mi sono interessato personalmente a un quadro di Hermann Max Pechstein, famoso e – vivaddio! – longevo artista, prima autorevole esponente (dal 1906 al 1912) del movimento Die Brücke; poi censurato dai nazisti come “artista degenerato”; infine di nuovo attivo nel dopoguerra fino alla dipartita.
Ero alla ricerca, per motivi vari e in parte insondabili, di una figura di domatore da circo perché pensavo al prologo (tratto, come sapete, da Wedekind) dell’opera Lulu di Alban Berg (Hereinspaziert in die Menagerie!); prologo breve in cui appunto un domatore, invitando il pubblico a entrare, vantandosi delle fiere nel suo serraglio, esibisce Lulu come – ambasciator non porta pena! – “il serpente”, la “fiera” ingannatrice e assassina per eccellenza. Il caso, invece, con una strambata caratteriale di 180° rispetto alla femme fatale Wedekindiana e Berghiana, mi ha portato alla giovane domatrice di leoni (Die Löwenbändigerin) di Pechstein. Che credo faccia parte di una collezione privata.
A causa della legislazione italiana, non posso ancora ospitarne qui la riproduzione; per ovviare, vi rinvio a questo link esterno: cliccate, ammirate e poi ci ritroviamo qui.

…Che ne dite?
Io lo trovo un dipinto notevole, dominato da accesissime tonalità e da una marea di interpretazioni “scenografiche” possibili, legate soprattutto ai soggetti del quadro e alla loro disposizione.
Una domatrice giovanissima, dai capelli rossi come la veste e i piedistalli (somiglia un po’ alla Koros di Daitarn III), ottiene uno statico, forse effimero, rispetto dei leoni (quasi tutte leonesse, mancando di criniera). Nessuna delle fiere sembra degnarla dello sguardo. La sua frusta è abbassata, il che può significare consapevolezza della propria forza, ma anche arrendevolezza e imminenza di un rovesciamento. Una gabbia contiene entrambe le forze in opposizione. Fuori dalla gabbia, un gruppo di persone: borghesi, maschi, alcuni distratti in chiacchiere, altri “liberamente perizianti” come direbbe un noto critico musicale.

Grazie a queste suggestioni, passate al setaccio delle mie fobiche e avvinazzate sinapsi, la tela mi pareva la perfetta interpretazione o adattamento di una poesia del libro in particolare.
Quale?
Lascio a voi la risposta, sperando di creare un anche minimo engagement verso chi non ha ancora acquistato il libro.

In più, Pietre Vive offre un omaggio a chi si è già procacciato o si procaccerà il mio libro mediante sito (no altre librerie/bookshop).
Le prime/i primi cinque che, scrivendo una mail a info@pietreviveeditore.it, allegheranno estremi del loro ordine e sapranno indovinare (un solo tentativo!) il titolo (o l’incipit) della poesia che ritengono vicina al dipinto di Pechstein, potranno ricevere come cadeau, alternativamente:
1) un libro cartaceo dalla collezione iCentoLillo, a scelta secondo disponibilità*;
2) oppure ben tre ebook a scelta;
3) oppure uno dei curatissimi audiolibri, sempre a scelta.

“Vinceranno”, poi, il mio personale ringraziamento per l’attenta lettura e l’empatia parapsicologica!
(Grazie per essere arrivati fin qui).

___
*a oggi i cinque titoli disponibili come cadeau sono: Sergio Pasquandrea, Approssimazioni e convergenze; Antonio Lillo, Bestiario Fiorito; Daniela Gentile, Nulla sanno le parole; Gianmaria Giannetti, zanzara meno tennis; Paolo Castronuovo, Labiali.

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