Per uno a cui dà fastidio la calca, il 29 agosto dovrebbe essere un giorno di sollievo; invece ha preso una piega terribile, kafkiana, da un lasso di tempo oggi olimpico.
Avevo preparato un post puntiglioso e lagnoso sulla damnatio memoriae, sull’ipocrisia e soprattutto sulla fine della mia poesia, ma sono argomenti “incaprettàti”: rimuginarci sopra non ha senso, non sposta la situazione o l’attenzione di una virgola, può essere smentito dalle circostanze future.
Meglio scherzare un po’ con la (per me letale, in più sensi) seriosità dei poeti in effigie e limitarsi all’essenziale.
Il 3 agosto scorso ho terminato “Grafite bianca” (o come potrà chiamarsi) con la sua terza sezione.
Ora farò decantare il tutto. Non ho fretta.
Devo riflettere bene, una volta tanto, sul se e sul come rimettermi in gioco.
Nonché sul “r/d-ispetto dei Santi”, per così dire. Perché in poesia vale oltremodo l’aforisma di Balzac per cui “ci sono più santi che nicchie”.
Le Cinquantaseicozze, del resto, erano già pensate come commiato, poi è arrivata questa nuova raccolta che ritengo più equilibrata.
A proposito, se ve li foste persi, mesi fa sono usciti due “spifferi” dalle prime due sezioni di Gb, per opera di Giacomo Cerrai e Giulio Maffii (su Carteggi)… Li ringrazio, ora come sempre.
E vado in spiaggia.
Se un editore NO-EAP volesse visionare in anteprima l’opera compiuta, mi scriva in privato e usi la parola d’ordine SARASTRO.